Riflessione 32-2024
Ma essi non capivano... continua l'evangelizzazione dei discepoli lungo la Galilea e continua spiegando a loro (e a noi) come vuole essere il Cristo. Noi crediamo che sei il Cristo, sì, ma facciamo fatica perché sei così diverso dall’idea che ci siamo fatti di Dio, soprattutto quando inizi a parlare di morte, di persecuzione, di fallimento. Ci sfugge il fatto che, alla fine, parli di resurrezione, di rinascita, di fiducia, di vittoria inattesa... così diversa da quanto ci aspetteremmo. Come sempre accade ci concentriamo solo su quel dolore che, ovviamente, vorremmo evitare mentre dovremmo credere proprio per fuggire al dolore, per evitarlo, per dargli un senso. Come possiamo capire quando parli di donare la vita quando passiamo la vita a conservarla, a proteggerla, a difenderla, a migliorarla? Come
possiamo entrare nella tua logica, disposto come sei a morire, se, alla fine, ciò che davvero ci importa è salvare la nostra pellaccia ad ogni costo? Come possiamo anche solo immaginare lontanamente che diventare tuoi discepoli significa essere disposti a dare tutto? Non perché masochisti, non perché facciamo della sofferenza un idolo, ma perché amare, a volte, significa spogliarsi, lasciarsi andare, fiorire e trasfigurarsi. Siamo intimamente convinti che tutto va affrontato e guadagnato solo entrando in competizione, vinciamo solo sgomitando, emergiamo solo accumulando e riusciamo solo raccogliendo plausi e like sui social diventando visibili. E tu, invece, vivi e parli di dono, di amore, di libertà del cuore, di leggerezza. Anche se costa fatica, anche se vai controcorrente, anche se morirai.
Fatichiamo a capire, siamo seri, eppure non si arrabbia, il Maestro. Potrebbe, forse dovrebbe. Io mi arrabbierei, senz’altro, vedendo quanto tempo perso ad evangelizzare questi testoni. Sta parlando della sua morte, sta chiedendo aiuto ai suoi amici più intimi che, invece, giocano a chi sia il più importante. A chi abbia ragione. Ma Gesù si siede e insegna ancora. Forse capiremo... Prende un bambino, lo abbraccia, con quel cuore trasparente che lascia intravedere Dio e chiedi di accogliere i piccoli, gli ultimi, i meno importanti, come allora erano considerati i bambini. Come a dire: perché volete diventare grandi se io e il Padre ci identifichiamo con i più piccoli? Perché, anche nella Chiesa, anche in parrocchia, a volte prevalgono le lotte, i pareri, le opinioni, i piccoli giochi di potere, se alla fine Dio si rivela a chi, come i bambini, sono totalmente dipendenti da mondo degli adulti? Le parole di Giacomo, nella seconda lettura, sono una lama che mettono alla luce la necessità di cambiare modo di essere: Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra? Siete pieni di desideri e non riuscite a possedere; uccidete, siete invidiosi e non riuscite a ottenere; combattete e fate guerra! È così. Ha perfettamente ragione. Eppure, alla fine di questa riflessione, prevale la luce, la speranza che non è illusione. Non mi scandalizzo delle ombre che abitano il mio cuore e il cuore dei fratelli nella fede, perché hanno abitato anche la prima comunità, addirittura gli apostoli. Non mi scandalizzo, né mi arrendo, né mi spavento. La Chiesa non si cambia attraverso riforme e rivoluzioni, ma solo attraverso la conversione. La mia, la nostra. Allora ho fiducia nel futuro, nonostante tutto, perché il rabbì, ancora una volta, pazientemente si siede e mi insegna a diventare bambino nell’anima, scoprendomi amato. Buona domenica.
Come di consueto continuiamo a proporvi l'audio-commento di Paolo Curtaz, un modo per lasciarsi evangelizzare semplicemente ascoltando: https://soundcloud.com/paolocurtaz/commento-al-vangelo-del-22-settembre-...
Il file .pdf. "Riflessioni e giochi" solitamente si trova in fondo alla pagina (tratto dalla rivista "Catechisti parrocchiali"), sarà di nuovo disponibile da Ottobre.