San Giuseppe
Sorta intorno al 1630, la chiesa di San Giuseppe protegge da qualche secolo, con la sua silenziosa presenza, la contrada circostante e ne è a sua volta protetta, inserita tra vecchi edifici e angusti percorsi. Ma è anche una chiesa cara ai fedeli che vi accorrono ancora (abbastanza) numerosi da tutto il paese in occasione della festa del Santo.
Tra le poche carte conservate nell’archivio parrocchiale leggiamo un “Estratto del testamento di Anna Moltoni”, la quale, nel 1848, disponeva affinché il “quadro esistente nella mia camera da letto rappresentante la Vergine col Bambino dipinto ad olio e la coperta da letto di damasco che si troverà nella mia lingerie” fossero consegnate alla chiesa. Sempre un Moltoni, Giuseppe, qualche tempo dopo lasciava una lampada, destinata a illuminare l’edificio fino a quando, nel 1928, venne installata l’energia elettrica a spese dei fedeli.
“È discreta la facciata con due affreschi passanti: S. Giuseppe e St. Anna. Al di dentro brutta, maltenuta, senza pavimento. Spesso vi si dice Messa, in processione vi si va a cantarla nel suo giorno e nella domenica del Patrocinio”: così il vescovo Carsana in occasione della sua visita pastorale avvenuta intorno al 1870; monsignor Andrea Ferrari, nel 1893, aggiungeva: “Poco discosta dalla parrocchia, è frequentatissima, peccato sia troppo piccola”. Ma monsignor Ferrari era arrivato poco dopo la realizzazione di consistenti interventi di manutenzione, che avevano rimesso a nuovo la piccola chiesa ridandole decoro. Mastro Innocente Corbellini, per lavori in muratura, aveva esibito un conto di 20 lire; contestualmente erano stati eseguiti restauri per un ammontare di 115 lire: la spesa più cospicua era dovuta all’opera del pittore Galli Giovanni che aveva “lavorato di ornati e pitture” per ben 70 lire. Per 14 lire erano state acquistate 4 palme (arredi ornamentali in metallo per l’altare), per 5 lire un quadro del Santo e per altre 5 lire un’oleografia, sempre di San Giuseppe. I vicini, ma anche molti altri parrocchiani devoti, si erano adoperati per una raccolta straordinaria di offerte (70 lire circa) per contribuire alle necessità.
Le spese erano giustificate non solo dalla necessità di recuperare una chiesa che, probabilmente, a giudicare dalle parole poco lusinghiere di monsignor Carsana, era stata a lungo abbandonata all’incuria, ma anche dalla devozione profonda verso il Santo.
Non si accenna mai ad un simulacro di San Giuseppe fino al 1928, allorché Luigi Raffaelli “fabbricante di statue religiose in plastica legno e carton romano”, con laboratorio in Milano, realizzava la statua di “San Giuseppe, eseguito artisticamente, in carton romano, nell’altezza di 160 cm, dipinto finemente con colori ad olio lavabili all’acqua … con aureola a raggiera”. La spesa, comprensiva di imballaggio e trasporto, ammontava a ben 580,50 lire. Anche in questa occasione, grazie alla generosità di una cinquantina di fedeli, delle giovani del ricreatorio, delle consorelle e delle donne cattoliche, si raccolsero 205,90 lire. Ricorda una parrocchiana anziana che, nei giorni precedenti l’arrivo della statua, i bambini accorrevano a “vigilare” sull’evolversi dei lavori, affascinati dalla novità.
Nello stesso anno venivano realizzati gli armadi posti lateralmente all’altare e le “ante di vetro”: altra spesa considerevole, di 391,50 lire.
Sappiamo da una descrizione del 1911, relativa alle processioni organizzate annualmente nella comunità, che la festa di San Giuseppe era così solennizzata: “verso le 8 si va processionalmente a cantare la Messa nella chiesa del Santo; di ritorno in parrocchia l’ufficio anniversario di d. Clara Prosperi (la quale aveva disposto un legato nel 1808) e messa cantata. Verso le 3 pomeridiane i Vespri e la Benedizione con il Santissimo, poi alla chiesa del Santo per la Benedizione colla reliquia”.
Si era costituita anche, apprendiamo sempre dalle osservazioni a margine della visita pastorale di monsignor Ferrari, una associazione per l’”adorazione riparatrice in onore di San Giuseppe”, che contava oltre 130 affiliati.
Nulla ho trovato sui due affreschi - Sant’Anna e San Giuseppe – posti sulla facciata: chi li realizzò, nell’Ottocento?, non subirono mai un ritocco?, mai furono oggetto di un restauro?
Ora ne hanno grande bisogno: Sant’Anna è “minacciata” dalle infiltrazioni d’acqua provenienti da qualche falla aperta nel tetto, vicino al campanile; San Giuseppe appare “offeso” da un colpo di pallone scagliato con molta foga da qualche esuberante fanciullo.
Ci saranno ancora alcuni devoti disposti a sostenere un intervento (o almeno a contribuire) necessario e inderogabile? Ci rivolgiamo con un appello accorato ai vicini, “custodi” ideali della piccola chiesa, ma anche a tutti quei parrocchiani che hanno a cuore il patrimonio architettonico e artistico della parrocchia.