Riflessione 12-2025

Sembra di essere tornati indietro di secoli. Nostalgia di autoritarismi, di scelte forti, innocenti massacrati sotto le bombe... Dov’è la bellezza del Tabor? Dove il Dio bellissimo raccontato da Gesù?
Dov'è, se uomini che si professano cristiani uccidono i loro fratelli? Si distrugge tutto per affermare principi, per mostrarei muscoli, ma dov’è Dio, alla fine? Come credere ancora nella salvezza? Come sperare? Se Dio è buono perché la sofferenza? Se fosse una carogna allora potrei capire. Ma poiché credo in un Dio buono e misericordioso, perché devo fare i conti col dolore? L’idea che il dolore, la disgrazia, alla fine vada ricondotta a Dio in fondo ci tormenta. E, alla fine, pensiamo, che se uno subisce una disgrazia in qualche modo sia una punizione divina, o un avviso bello chiaro. Come le persone che interrogano Gesù nel vangelo di oggi chiedendo di chi era la colpa per la morte di quei tali sepolti dal crollo della torre di Siloe? O di quei poveracci uccisi durante il culto dai soldati romani? La risposta di Gesù è destabilizzante: non sono i loro peccati la ragione della loro morte, ma l’imperizia del costruttore e la violenza dei romani. Ci sono ragioni semplici di causa ed effetto che giustificano gran parte del dolore che viviamo. Ma, aggiunge Gesù, approfittate di questi episodi per capire che la vita è breve e instabile, che è indispensabile trovare l’essenziale per convertivi. Non offre risposte, ma indica un percorso che vede nella sofferenza un'opportunità. Mi ribello perchè io non vorrei non soffrire, altro che storie! Ma, alla fine mi arrendo: non ho in me tutte le risposte, non so la ragione del dolore, ma mi fido perchè Gesù stesso a dovuto percorrere la stessa strada, ha dovuto soffrire molto pur essendo Figlio di Dio. Quindi cerco di prendere le inevitabili fatiche della vita non come una punizione ma come un’opportunità, sapendo che Dio non ce l'ha affatto con me. L’evangelista Luca osa andare oltre. Dio è come il padrone che sa pazientare anche se il fico è sterile, anche se si aspetta un abbondante raccolto e non trova nulla. Invece di tagliare il fico e di piantarne un altro, come faremmo noi, gli zappa intorno e lo concima, sperando che porti frutto. Dio ha pazienza, è un inguaribile ottimista, spera sempre che riusciamo a cambiare, a dare il meglio di noi, a fiorire e portare frutti. La quaresima mi è data come opportunità per guardare onestamente a me stesso, per vedere se i frutti che produco sono buoni oppure no. Per vedere se la cura che Dio rivolge a me, mi fa crescere rigoglioso o se, piuttosto, rischio di richiudermi in me stesso. È così bello sperimentare le attenzioni di Dio! Ma lo riusciamo a fare solo se, come dicevamo domenica scorsa, il nostro sguardo si spalanca oltre le apparenze. Anche il dolore, allora, può essere letto in una prospettiva diversa. Nonostante la sofferenza del mondo, il Dio che Gesù è venuto a raccontare è buono e ha un solo desiderio: che fioriamo. Per convertire il mondo a partire da me. Sta a noi costruire la pace, sta a me. Sappiatevi amati, buona domenica.

Aprendo il file .pdf. "Riflessioni e giochi"  sotto l'immagine in fondo alla pagina potete accedere ad una riflessione del Vangelo per tutti, in particolare per famiglie e ragazzi, tratto dalla rivista "Catechisti parrocchiali", un modo per evangelizzare i più giovani allegramente, con un linguaggio semplice e gioioso. 

Come di consueto propongo l'audio commento al Vangelo di Paolo Curtaz, un modo per lasciarsi evangelizzare semplicemente ascoltando: https://soundcloud.com/paolocurtaz/commento-al-vangelo-del-23-marzo-2025