Riflessione 24 - 2023
Nell’impegnativo discorso fatto da Gesù dopo la moltiplicazione dei pani in Giovanni, Gesù parla esplicitamente della sua carne da mangiare e del suo sangue da bere. Discorso scandaloso, incomprensibile, che preannuncia il gesto che, da lì a qualche tempo, compirà come ultimo dono fatto alla comunità. Gesù è venuto tra noi in un corpo fragile come il nostro per essere credibile, ha vissuto quello che viviamo noi per essere credibile, ha sofferto come soffriamo noi per essere credibile. Sarebbe stata così credibile la sua testimonianza se non avesse interagito con noi da vicino, condividendo la nostra fragilità umana? In Israele la carne è segno della debolezza e Gesù, per interagire con noi, si è fatto debole, si è fatto carne, e si consegna volontariamente ancora oggi nelle nostre mani ad ogni celebrazione eucaristica. In Israele il sangue porta la vita ed è impensabile, per gli Ebrei, cibarsi di animali soffocati nel proprio sangue perchè è come cibarsi della loro vita. Gesù, al contrario chiede a noi di condividere la sua stessa vita. Ecco cos’è l’eucarestia. Non è un problema di lingua o di rito, ma di fede. Certo, è bello quando le nostre assemblee sono accoglienti, cantano canti belli e intonati, quando le nostre chiese sono luoghi ospitali che invitano ad alzare lo sguardo. Ma, alcune volte, quello che ancora manca alle nostre liturgie è la certezza che il Signore si rende presente, qui e ora, in mezzo a noi. Buona domenica, sappiatevi amati.
Audio commento al Vangelo di Paolo Curtaz: https://soundcloud.com/paolocurtaz/commento-al-vangelo-dell11-giugno-2023