San Maurizio
Anno Domini MCCCXLVII elongata et amplificata est ecclexia ista a campanili supra per presbiterum Johannem de Trixivio ecclexie prefate tunc curatum espensis et favore comunis de Ponte ad honorem Dei et Beati Mauricii et sociorum eius et protecionem tocius populi de Ponte amen (Nell'anno del Signore 1347, questa chiesa fu allungata e ampliata dal campanile, a cura del prete Giovanni di Tresivio curato della predetta chiesa, con le spese e il favore della comunità di Ponte, in onore di Dio, del Beato Maurizio e dei suoi compagni martiri e a protezione di tutto il popolo di Ponte. Amen) Cenni storici La chiesa parrocchiale di Ponte, eretta nel XIII secolo, fu ampliata una prima volta nel 1347 -come attesta una lapide posta all'entrata - e portata alle attuali dimensioni durante la metà del XV secolo. L'intitolazione a San Maurizio -molto rara e forse unica nella nostra diocesi -pare sia da attribuire alla famiglia Quadrio, stabilitasi nel borgo dopo l'abbandono di Como, a seguito delle vicende belliche che videro la città lariana contrapposta ai milanesi. Ne potrebbe essere conferma uno dei due stemmi scolpiti sui piedritti di un portale laterale: quello con tre cubi disposti a piramide rovesciata, è quello dei Quadrio; l'altro, che ricorda il vessillo crociato del Santo martire, è divenuto stemma del comune di Ponte. La facciata principale e l'esterno Completata nel 1460, dopo l'ampliamento della chiesa, ad opera del maestro Jacopo Corti di Valsolda, la facciata esibisce un maestoso portale in marmo decorato con fregi a motivi vegetali e colonnina tortile; si conclude superiormente con una lunetta ad ogiva - con effigie del Santo -, che racchiude il bell'affresco cinquecentesco di Bernardino Luini, raffigurante la Vergine con il Bambino e San Maurizio. Il portone ligneo è stato rifatto dall'artigiano locale Raffaele Galimberti nel 1886 sul modello di quello originale, di cui si conservano alcune tessere - prezioso e raro documento delle opere di intaglio del Quattrocento lombardo - presso il Museo parrocchiale. Sulla facciata meridionale, oltre il portalino con gli stemmi, sono degni di nota la meridiana realizzata nel 1879 e il vasto affresco che raffigura San Cristoforo, ascrivibile ad un maestro del XVI secolo. Ad est si eleva l'elegante torre campanaria, alleggerita dalle aperture monofore, bifore e trifore. Sugli spigoli sono visibili alcuni conci con incisioni arcaiche. L'interno La chiesa è a pianta basilicale, a tre navate, scandite da poderose colonne granitiche, ornate da capitelli scolpiti, che reggono archi a tutto sesto. Il fregio sovrastante, realizzato nel XIX secolo dal pittore Giuseppe Reina, è intervallato da tondi con volti di Santi, titolari di alcune delle numerose chiese della parrocchia. Il pulpito, realizzato nel 1611 dal maestro ebanista Baldassarre Heger, è pregevole opera di scultura, intaglio e intarsio: è adorno di statue poste entro nicchie e volti di cherubini; sulla faccia principale è collocata una tarsia raffigurante il Santo titolare con i compagni che rifiutano l'idolatria. L'organo è pure rilevante, sia per la cassa lignea, riccamente scolpita e intagliata, attribuita a Baldassarre Heger, sia per la parte strumentale, opera seicentesca di Carlo Prati da Gera Lario. Sul pavimento ricoperto da pesanti lastre di pietra si aprono, riconoscibili da iscrizioni, stemmi e date incise, le tombe dei fedeli e dei parroci di Ponte. Il soffitto delle navate presenta ancora le originali capriate lignee. Alle pareti laterali sono accostati artistici confessionali ed è esposta una Via Crucis settecentesca, inviata alla parrocchia dai "benefattori di Roma", migranti che, lasciato il paese per l'Urbe, si riunivano in confraternite e, periodicamente, inviavano alla chiesa del borgo natio - segno di gratitudine e di nostalgia -offerte in denaro, suppellettili preziose o paramenti realizzati con ricchi tessuti. L'altare di sinistra La cappella è intitolata a Santa Elisabetta; il polittico affrescato sulla parete è opera di Giovanni Battista da Musso ed è stato realizzato nel 1501: al centro sta la Vergine con il Bambino, alla sua destra San Maurizio e Santa Maria Maddalena, alla sua sinistra San Nicola da Tolentino e un Santo Papa. La cornice in stucco fu realizzata nel XVII secolo per ospitare una tela con la Visita di Maria ad Elisabetta, ora esposta sulla parete meridionale della chiesa. Gli affreschi della volta sono opera del pittore valtellinese Giovanni Gavazzeni (1899). Presso l'altare si trova il fonte battesimale costituito da una vasca monolitica in marmo, scolpita nel 1585, coperta da un coprifonte ligneo intagliato, a foggia di tempietto a base ottagonale. L'altare di destra La cappella è intitolata alla Madonna delle Grazie e custodisce l'ancona di Giacomo del Maino, scolpita, dipinta e dorata nell'ultimo decennio del XV secolo. Sopra la predella con tondi di Profeti, l'ancona è ripartita in due ordini: in quello inferiore, scandito da candelabre, sei formelle narrano le Storie di San Gioacchino e Sant'Anna, mentre nella nicchia centrale è posta la Vergine; nell'ordine superiore quattro nicchie accolgono altrettante statue con San Rocco, San Bernardino da Siena, San Pietro Martire e San Sebastiano. Tre lunette con angeli scolpiti e, al centro, Cristo, concludono la cimasa. La volta è stata affrescata da Felice Scotti, che vi ha dipinto angeli musicanti e busti di Profeti e Sibille, occhieggianti, in suggestive prospettive, da cornici tonde. Alle pareti l'affresco raffigurante San Nicola da Tolentino e tre affreschi tardoquattrocenteschi "strappati" e riportati su tela, raffiguranti Sant'Allo, Sant'Antonio Abate e San Giovanni Battista. Una cancellata in ferro battuto artisticamente lavorata chiude la cappella. Gli altri altari laterali Rimaneggiati sul finire del XIX secolo, i due altari posti a lato del presbiterio sono dedicati, quello di sinistra, al Sacro Cuore e, quello di destra, alla Madonna del Rosario. Gli affreschi delle volte e delle pareti sono opera del pittore Giovanni Gavazzeni. Il presbiterio e l'abside Si tratta delle ultime opere in muratura realizzate, e concluse nel 1500; furono dapprima commissionate all'architetto milanese Giovanni Antonio Amadeo, che, tuttavia, non potè portarle a conclusione; intervennero quindi i fratelli Giacomo e Tommaso Rodari di Mareggia che ultimarono la cappella, abbellendola con lesene culminanti in capitelli scolpiti e un grazioso portale che immette nella sagrestia. Alla stessa area rodariana è ascrivibile il tabernacolo degli Olii Santi, sulla parete sinistra, scolpito e datato 1536. Otto medaglioni in marmo bianco, di altissima fattura, con volti di Apostoli, sono disposti nel fregio che corre tutt'intorno alle pareti. Il ciborio in bronzo, realizzato nel 1578 secondo i canoni controriformistici dettati da San Carlo Borromeo, è opera quasi unica di due orafi pontaschi, i fratelli Innocenzo e Francesco Guicciardi. A forma di piccolo tempio ottagonale, è abbellito da statue a tutto tondo, formelle lavorate a cesello e sbalzo raffiguranti scene dal Vecchio e dal Nuovo Testamento, i quattro Evangelisti, iscrizioni. Oltre una breve balaustra, si innalza la cupoletta terminale su cui si erge la statua del Cristo Risorto. Alle spalle del ciborio si trovano gli stalli corali, opera realizzata in momenti diversi, con l'intervento di Pietro Brasca, (1500), Pietro Ramus (seconda metà del 1600) e Giovanni Picceni (XX secolo). Alle pareti tre tele del pittore morbegnese Giovan Pietro Romegialli: l'Ultima Cena, la Lavanda dei Piedi, sul fondo San Maurizio e Compagni. Le settecentesche quadrature che le ornano sono di Giuseppe Porro. Nell'arco trionfale, da una grande croce lignea del Cinquecento posta sopra una trave con iscrizione, Cristo volge il suo sguardo sofferente e misericordioso verso i fedeli.