Chiesetta dell'Immacolata

“È da premettere che nel quadrivio formato dalle due linee di strade che una diparte dalla Piazzetta e conduce ai Piazzi e l’altra che da Borgo Francone mette a San Francesco d’Assisi trovasi fabbricata un’antica cappella dedicata alla Beata Vergine Immacolata di compendio dei beni di questa chiesa parrocchiale di Ponte e amministrata dalla Fabbriceria”.
Così esordiva, nel 1857, Maurizio Del Giovannino, figlio di Maffeo, in una sua richiesta avanzata alla Fabbriceria, al fine di ottenere l’autorizzazione a costruire un edificio a ridosso dell’”antica cappella”. Il Del Giovannino possedeva, infatti, un orto che si estendeva a ovest e a nord dell’edicola e, per dare uniformità e “decoro” alla facciata dell’erigendo fabbricato, riteneva che fosse necessaria la sopraelevazione della cappella, in modo che il tetto fosse della medesima altezza di quello dell’edificio “onde togliere qualsiasi sconcio e annuire ai desideri della commissione d’ornato”! Aggiungeva poi che esisteva un “inconveniente che molti ragazzi portandosi sul tetto per suonarvi la campana sommuovevano le tegole e spesse volte le rompevano”: non mancavano, al Del Giovannino, gli argomenti persuasivi per fare un personale interesse.
La Fabbriceria non era del tutto contraria, a patto che venisse ripristinata la volta della “Madonnina”, che venisse costruito il “rastello” (cancello) in legno di noce e di larice e che non si intaccassero i diritti e la proprietà della fabbriceria medesima.  Sottolineava con particolare vigore che era necessario “ingombrare il sopra della chiesa con cose di peso leggero”.
Spazi abitativi vennero realizzati tutt’intorno, per fortuna senza alterare la cappella, che possiamo immaginare simile all’attuale già da parecchi decenni.
Non si conosce, per ora, la data di edificazione della cappelletta, ma già nei registri catastali iniziati nel 1798 si citava la “contrada dell’Immacolata” ed è quindi legittimo credere che la chiesuola dedicata alla Beata Vergine Immacolata fosse già lì. Tacciono le visite pastorali, a questo proposito, così come poco eloquente è l’archivio parrocchiale.
Si apprende, tuttavia, da un documento, che tra il 1926 e il 1927 venne realizzata la nuova cancellata. Cornelatti Francesca, allora priora della Figlie di Maria, rendeva  note le spese sostenute per l’intervento: “il prezzo del cancello della chiesa dell’Immacolata lire 1350, il muratore lire 150, il pittore lire 144, totale lire 1644”; annotava anche dettagliatamente i nomi dei benefattori, soprattutto delle benefattrici, persone singole, famiglie intere, Figlie di Maria, “chi una lira, chi due, chi tre”; il parroco offriva ben 200 lire e altrettante vennero prelevate dal libretto di cassa dell’Immacolata. Continuava, la Francesca Cornelatti, “dove non possiamo arrivare quest’anno arriveremo l’anno venturo un po’ alla volta soddisferemo tutto. Da due anni abbiamo qui anche la luce elettrica. Speso per l’impianto della medesima lire 35, spesa della luce in questo tempo lire 43, compreso tre lampadini lire 56, non avendo notato né candele né cerini né tanti altri oggetti che si adoperano lungo l’anno”. E concludeva: “Tutte queste spese si fanno con le offerte dei devoti dell’Immacolata. Ringrazio di cuore tutti gli offerenti che hanno avuto fiducia nella mia povera persona; infine ringrazio anche quelli che hanno criticato a questa bellissima opera perché non possono più mettere i fiori come prima, ma la Madonna gradisce assai di più i fiori di umiltà che non i fiori dei giardini che presto appassiscono, mentre il cancello rimarrà anche dopo di noi".  (Che bella lezione, da fare nostra, evitando inutili sprechi per fantasmagorici ed effimeri addobbi).
L’archivio parrocchiale conserva anche un altro documento, senza data, ma verosimilmente degli anni 30-40 del secolo scorso: “Inventario degli arredi trovati nella cappella della beata Vergine Immacolata all’atto della consegna della chiave alla direttrice delle Figlie di Maria signora Bertoletti Carmela”. La redazione dell’inventario era l’occasione non solo per indicare nel dettaglio tutti gli oggetti custoditi nella cappella, ma anche per ricordare con gratitudine tutte le benefattrici che li avevano donati.  Cosa c’era?: “due quadri appesi alle pareti dono della povera signora Marchesi, 6 palme nuove di fiori in carta dono della signora Costanza Corbellini e della signora Savina Renzi, 4 portapalme dono di un’incognita benefattrice, 2 tovaglie bianche con pizzo dono di diverse benefattrici, 1 tovaglia rossa nuovadono della signora Savina Renzi, 6 candelieri dono di Costanza Corbellini, 2 candelieri di proprietà della Fabbriceria, 2 candelieri appesi alle pareti dono dei coniugi Rizzerio, 1 Crocifisso e 1 lampada di ottone della Fabbriceria, collana di coralli, catenella d’oro con ciondolo, 2 piccoli vasi, 1 tovaglia bianca con pizzo all’uncinetto, 1 panneggiamento bianco e celeste guarnito in argento, 4 palme di porcellana, 1 lampada nuova, 1 crocifisso nuovo, 1 pallio celeste guarnito di pizzo bianco, due quadri, uno di Sant’Antonio e l’altro con un ricamo in seta”.
Non si fa mai cenno alla statua lignea della Vergine, che pure è un’opera di pregio, bella, rassicurante nello sguardo volto al cielo e nella posizione della mano destra, che pare accogliere le silenziose preghiere dei passanti meno distratti.
L’iconografia è quella tradizionale dell’Immacolata: la Vergine calpesta il serpente, veste un abito rosso e oro, ha il capo coperto da un velo azzurro sul quale è posata una corona di stelle. È avvolta in un manto dal ricco drappeggio, color oro, e porta una piccola collana.

Alcune Figlie di Maria, ormai un po’ su d’età, ricordano con nostalgia il tempo in cui, in occasione della novena per la festa dell’Immacolata, la statua veniva portata “così, perché è leggera, sotto il braccio del sagrestano” in chiesa, ove rimaneva sino al pomeriggio dell’otto dicembre allorché, in processione, veniva riposta nella sua cappella.